Nel nostro laboratorio “giornalistico” i ragazzi ospiti vengono coinvolti, chi nell’impaginazione, chi nel raccontare qualcosa con un articolo, chi in entrambe le cose. Anche perché a volte raccontare aiuta a verbalizzare, e verbalizzando si ha la possibilità di liberarsi di pesi, pensieri ingombranti, silenzi opprimenti.
Agli educatori e soci, oltre ai ragazzi ospiti, è affidato il racconto della cooperativa, le esperienze dei gruppi appartamento, le gioie e le delusioni, così come i momenti difficili.
Inoltre trovano pubblicazione le riflessioni di esperti, addetti ai lavori, esponenti politici e del “terzo settore”, cui viene chiesto di trattare temi attinenti alla realtà in cui la nostra coop opera. Anche alcuni minori hanno espresso il loro pensiero sul giornalino come ad esempio:
R. che dice che “un giornalino nel quale trovano spazio le storie di ragazzi provenienti da Paesi diversi somiglia a una finestra spalancata sul mondo”.
G. invece si mostra affascinato dall’idea di contribuire alla nascita di un prodotto “editoriale”. Sommando i due stati d’animo (ma se ne potrebbero aggiungere tanti altri) si capisce perfettamente il senso del nostro periodico “I colori del mondo”.
Nel nome scelto assieme ai ragazzi per la testata sono racchiuse le motivazioni del progetto e, allo stesso tempo, si coglie la portata dello stesso. In un mondo sempre più globalizzato, dove i popoli si spostano e dove, assecondando un moto che sembra non avere mai fine, donne e uomini, adulti e minori lasciano il loro Paese per inseguire un sogno, l’incontro con il “diverso” diventa motivo di crescita, di arricchimento reciproco.
Come pensarla diversamente leggendo le storie raccontate dai giovani migranti, di volta in volta ospitate nel nostro giornalino? Come non restare colpiti dalla loro determinazione, dal loro entusiasmo, dalle loro speranze? Il sogno di cui parlano è stato il sogno dei nostri nonni, dei nostri padri. Dei tanti meridionali e italiani che, per sfuggire alla fame, hanno varcato i confini della loro regione, se non addirittura di quelli del Paese.
C’è dunque un filo logico che unisce gli emigrati (così venivano chiamati) di ieri, ai migranti (così vengono chiamati) di oggi. È il sogno di un’umanità in cerca di pace, di tranquillità di benessere.
“I colori del mondo” vuole essere anche uno strumento per veicolare piccole grandi esperienze, per parlare di “prime volte”, di amicizie che nascono, “mondi” che si scoprono, passioni che crescono. Ma anche di delusioni che arrivano o consapevolezze che si maturano. Senza limitazione alcuna.
“I colori del mondo” è plurale. Nel senso che abbraccia la persona, mettendola al centro. Una scelta operata con convinzione, senza infingimenti di sorta. Con i primi numeri è iniziato un percorso che non sappiamo dove potrà portarci. Comunque sia, buon viaggio a noi tutti!